20130619-084831.jpg 19/06/2013 Non c’è diffamazione, né odio razziale se è impossibile individuare il destinatario di parole offensive. Un principio che vale per una intervista giornalistica, ma anche per i cori da stadio scanditi dalle curve durante un incontro di calcio, almeno secondo quanto sostenuto dal pm di Torino Paolo Borgna. Una vicenda per molti versi nota, che riguarda un servizio firmato da un giornalista della sede Rai di Torino, in occasione del match di andata dello scorso anno tra Juventus e Napoli. Un servizio ritenuto offensivo da alcuni cittadini napoletani, che si affidano al penalista Giuseppe De Gregorio per sporgere querela. Un esposto per molti versi condiviso dal pm di Torino che però non si spinge oltre una dettagliata richiesta di archiviazione nei confronti dell’autore del servizio – il giornalista Gian Piero Amandola -, in cui vengono ripercorsi i punti di alcune interviste incriminate, trasmesse dalla Rai poche ore prima del fischio di inizio. Ma ecco il ragionamento che sta a monte della richiesta di archiviazione: «L’aver confezionato un servizio giornalistico dando spazio alle voci della peggior tifoseria bianconera, prima dell’incontro Juventus-Napoli costituisce senza dubbio operazione di pessimo gusto sotto il profilo giornalistico – ed ingiustamente denigratoria della tradizione e della cultura partenopee -, ma non pare che ciò possa essere seriamente considerato integrare il reato di diffamazione aggravata dalla diffusione di idee fondate sull’odio razziale». In fondo – scrive il pm -, la domanda «distinguete i napoletani dalla puzza, con grande signorilità» pare doversi interpretare come una irrisione delle considerazioni espresse da uno dei tifosi juventini intervistati, per il quale «i napoletani sono come i cinesi». Si tratta, stando al ragionamento del pm, di affermazioni offensive e gratuite ma con un destinatario generico, lì dove «occorre che sia possibile individuare il destinatario di tali offese». Ma ce n’è anche per un altro argomento, a proposito di quei cori che inneggiano al Vesuvio («lavali col fuoco») nel corso della trasferta del club azzurro a Torino. Qui il pm si affida alle indagini della Digos di Torino, che dopo aver esaminato i filmati non ha attribuito ipotesi di reato a carico dei singoli soggetti. Spiega comunque il pm: «Cori che oltraggiano, insieme al popolo napoletano, la tradizione di civiltà di Torino e gli storici rapporti di fratellanza tra le due città, risalenti all’accoglienza degli esuli napoletani negli anni del primo Risorgimento». Di Leandro Del Gaudio
Fonte: ilmattino