20130920-171101.jpg Napoli – di Giovanni Sorrentino –
Magia, follia, coraggio, sfrontatezza, atmosfera, storia. Questo, ma anche tanto altro. La serata che consacra il ritorno del Napoli nell’elìte del calcio europeo è intrisa di sensazioni mistiche, risplende di un bagliore onirico che richiama alla mente i fasti dei tempi che furono, fa viaggiare mente e cuore in un turbinio di emozioni che si concretizzano in un’impresa titanica.
I pluripremiati vice-campioni d’Europa, il Borussia Dortmund, sontuosa compagine agli ordini dell’ultimo profeta del calcio europeo, squadra coriacea ed elegante, efficace e cinica. Quale sfida migliore per celebrare il ritorno in Champions League, se non una con un coefficiente di difficoltà infinitamente elevato?
Già nella precedente partecipazione alla massima competizione europea, però, gli azzurri avevano lanciato chiari messaggi. La carenza di esperienza internazionale, la caratura tecnica non eccelsa (insomma, lo scotto del noviziato) all’interno dell’arena azzurra perdono valore, quasi come se, su quel terreno di gioco, tutte le variabili impazzite di cui è colmo il gioco del calcio venissero assottigliandosi, addirittura azzerate, come se schiacciate da un rullo compressore, fornendo una linfa sovrannaturale ai gladiatori partenopei.
Il risultato? Un cocktail micidiale: come Manchester City e Chelsea ai primordi, anche i terribili “crucchi” gialloneri, che da tre stagioni estasiano i palati di mezzo universo pallonaro, sono costretti a capitolare, alzando una bandiera bianca che, oltre che di resa, sa soprattutto di stupore, di meraviglia.
Una partita perfetta, quella del Napoli, sotto tutti i punti di vista. Ineccepibile la situazione sugli spalti, con vili zuffe e deplorevoli tafferugli, lontani anni luce, che cedono finalmente il passo a una splendida manifestazione di correttezza e sportività: cori, coreografie ed applausi per la encomiabile tifoseria ospite. Insomma, roba da campioni. Roba da Napoli. Roba che finalmente rispecchia pienamente la dimensione internazionale raggiunta da questa società, matura a livello organizzativo quanto strutturale. Una squadra che, col suo novello condottiero, pare finalmente essersi avviata verso un ciclo vincente con tutti i crismi, sul piano mentale prima che su quello dei risultati.
Mentalità europea, già. Quella che solo un tecnico già vincente, che ampiamente ha saggiato il gusto del trionfo, può imprimere con efficacia così immediata.
Il tutto, di fatti, si è riflesso sul terreno di gioco. Una gara eccezionale è quella disputata dagli azzurri, in grado di arginare l’immane potenziale offensivo dei tedeschi e di sfruttarne gli eccessivi spazi lasciati con saggezza e caparbietà, andando a colpire al momento opportuno.
Due scacchieri speculari, con pedine diverse ma, soprattutto, moduli interpretati in maniera del tutto differente. Bingo.
Questa è stata la chiave della vittoria del Napoli: esterni d’attacco mai sganciati insieme, copertura costante alla mediana, sovrapposizioni efficaci sulle fasce e fraseggio ragionato. “La solita solfa”, verrebbe da dire. Invece no. I ritmi sono frenetici e l’intensità impressa alla manovra è da capogiro, se si aggiunge anche la superiorità numerica gentilmente offerta dall’improvvido Weidenfeller, i giochi sono fatti. Una vittoria netta nel gioco, meno del punteggio, con l’autorete di Zuniga che relega nell’apprensione quelle sessantamila anime che avevano gioito per le perle di Higuaìn e ,soprattutto, di Insigne: spettacolare la parabola disegnata dal folletto col 24 sulle spalle, chapeau.
Quarta vittoria in quattro partite ufficiali per Rafa Benitez, un ruolino di marcia invidiabile dai più. Ma non basta, non può bastare. I progetti vincenti si costruiscono mattone dopo mattone e i tre punti maturati al San Paolo ne costituiscono semplicemente uno dei tanti. La malta è la voglia di riscatto di una città che troppo tempo ha tenuto sopite le proprie ambizioni. È tempo di riscuotere.
È tempo di riscrivere la storia.