Napoli – di Giovanni Sorrentino – Verona, quella maledetta Verona. Dopo aver archiviato la pratica Bologna con il più perentorio dei 3-0, mettendo da parte quella che nella scorsa stagione era stata una vera e propria bestia nera, il Napoli prevale nuovamente sulla cabala liquidando anche il Chievo, in quel Bentegodi che da tre anni pareva stregato, con una prestazione quanto mai autoritaria. Realizzare quattro reti a una delle difese più organizzate del campionato non è cosa da tutti i giorni, tantomeno sfoggiare una prestazione di tale carattere e superbia già alla seconda giornata.
Già, quasi superbo, questo Napoli: a conferma delle ottime impressioni in seguito alla vittoria sui felsinei, i coriacei azzurri di Rafa Benitez continuano il trend positivo dimostrando, oltre a una fase offensiva encomiabile, di aver acquisito quella faciltà di manovra che, la scorsa stagione, troppo spesso ha latitato. Unica nota stonata, le sbavature difensive sui gol subiti, con Paloschi lasciato in ambo le occasioni troppo libero di battere a rete.
L’impressione è che l’inedito 4-2-3-1 venga sempre più assimilato partita dopo partita, con ogni interprete che mette in pratica alla lettera le direttive del tecnico spagnolo.
Con un sistema di gioco simile, è fondamentale il ruolo dei due esterni d’attacco, nella fattispecie Insigne e Callejón. Entrambi ieri partivano molto bassi, avendo come riferimento la linea del centrocampo, talvolta addirittura più arretrati rispetto ai terzini, pronti a ripiegare in fase di non possesso e sovrapporsi a questi per innescare i compagni in area di rigore. Questo modulo, inoltre, favorisce ancor di più il trequartista centrale, Hamsik, il quale, esentato dalla maggior parte dei compiti difensivi cui doveva assurgere nelle stagioni passate, si inserisce con maggiore continuità nelle azioni d’attacco, risultando letale praticamente sempre, come suggeriscono infatti i quattro gol nelle ultime due partite. Un giocatore ormai universale, di quelli che prendono per mano la squadra, accompagnandole fuori dai baratri oscuri, verso la gloria calcistica.
La diga difensiva composta da Behrami e Inler, poi, schermo perfetto davanti alla difesa, rende possibile sprigionare tutto il potenziale d’attacco, senza aver paura di essere infilati in contropiede, dal momento che i due mediani garantiscono la copertura necessaria per poter attaccare con tutti e quattro gli uomini del reparto avanzato.
Le uniche note stonate di questa celestiale sinfonia provengono dalla difesa, come già si è accennato. Leggera la marcatura di Britos, forse troppo, e Maggio pare ormai essere diventato l’ombra di se stesso, semplicemente una brutta copia di quel tornante eclettico che tanto bene aveva fatto con Mazzarri sin dai tempi di Genova.
In un’intelaiatura di squadra prematuramente consolidata, c’è ancora qualcosa da sistemare dietro: magari con un acquisto dell’ultim’ora, chissà.
Con un altro piccolo sforzo, il gap con la Juventus potrebbe assottigliarsi.
Ancora di più.
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