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L’amaro risveglio del tifoso triste

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20131208-132311.jpg Chissà a cosa pensa stamattina il tifoso del Napoli. Mentre si lava i denti, si veste e scende di casa per cominciare un’altra settimana difficile in questi tempi di crisi. Mentre si ferma al solito bar per un caffè e un cornetto, nell’imminenza di un Natale che come sempre ci arriva addosso all’improvviso. Mentre incrocia gli occhi del barista, insolitamente taciturno, lo sguardo fintamente concentrato sui movimenti che saprebbe fare senza guardare, proprio per non dover commentare. Commentare, appunto. Commentare, come si fa ogni lunedì a campionato in corso, cercando di condividere impressioni e concetti con i tanti che hanno l’azzurro nel cuore. Commentare. Ma commentare che? Difficile trovare le parole per spiegare la delusione, l’insofferenza e la rabbia (sì, la rabbia) provate in via alternata e definitiva durante il match con l’Udinese. Benitez, che è un grande uomo e come tale mantiene la propria coerenza con i principi tattici che propugna, stamattina più che mai dovrebbe fare una passeggiata in città, in mezzo alla gente; e dovrebbe capire, incrociando gli occhi dei tifosi, quello che vuol dire assistere a un’altalena di emozioni, una roulette russa che si conclude come tutte le roulette russe: con un colpo. Alla tempia. Volevamo vedere Rafael, l’erede di un meraviglioso portiere in semplice transito per il golfo, un passaggio per raggiungere Barcellona da Liverpool; volevamo capire se Reveillere, l’articolo trovato sulla bancarella dei saldi, fosse pronto e adeguato; volevamo capire se Fernandez, incredibilmente titolare della sua nazionale, fosse in grado di cogliere finalmente la prova d’appello; volevamo capire se un centrocampo formato da Inler e Dzemaili fosse all’altezza di una gestione del gioco almeno accettabile; volevamo sapere se Insigne potesse essere risolutivo, indovinando almeno uno dei seimila tentativi a partita di tiro a giro sul palo lungo. Volevamo capire tutto questo e, ahimè, lo abbiamo capito. Il Napoli è riuscito nella piccola, grande impresa di far segnare all’umile ma onesta Udinese ben tre gol, pur priva dei due calciatori che hanno sin qui realizzato la quasi totalità delle sue reti, il contumace Di Natale e il colombiano Muriel; esibendo una difesa ballerina e un centrocampo che di svizzero aveva solo i buchi, come il formaggio gruviera. Davanti agli occhi attoniti dei tifosi, gli azzurri sono riusciti a dilapidare un triplice vantaggio, anche per la pertinace coerenza del mister, sclerotizzato nell’applicare un credo tattico che, a queste latitudini, può essere decisamente autolesionista. Negli occhi tristi dei tifosi, stamattina, non c’è certo la speranza di rifilare tre gol al potentissimo Arsenal, mercoledì. Ci sono invece ulteriori, pesanti incertezze sulla capacità della squadra di poter perseguire validamente qualcuno degli obiettivi di inizio stagione. Una delle motivazioni dell’ottimismo sin qui difeso con le unghie e coi denti, infatti, consisteva nella considerazione seguente: nel girone di ritorno tutti gli scontri diretti, a parte quello coi nerazzurri di Mazzarri, dovranno giocarsi qui al San Paolo, la nostra meravigliosa roccaforte. Ma dopo le prestazioni con Sassuolo, Parma e Udinese, alzi la mano chi si sente pronto a ripetere questo confortevole mantra. E’ vero, mister, non siamo tecnici; non abbiamo frequentato supercorsi e non abbiamo vinto in ogni dove; non abbiamo gestito calciatori di livello mondiale e non siamo moderni manager poliglotti. Ma guardiamo il calcio da tanto, tantissimo tempo e paghiamo il biglietto e il molto oneroso abbonamento alle televisioni satellitari, quindi abbiamo almeno il diritto di chiederle se e in che misura sia applicabile, e senza deroghe, il suo modulo con gli uomini che ha, soprattutto in mezzo al campo. Perché così, a quel poco che sembra a noi nei nostri tristi bar stamattina, non andiamo proprio da nessuna parte. di Maurizio De Giovanni
Fonte: Ilmattino