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La chitarra e il suo mondo: un viaggio nella musica con Andrea Roberto

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di Giovanni Di Sero

L’intervista di oggi è rivolta al giovane e talentuoso maestro Andrea Roberto. Ci racconta dei suoi inizi

musicali?”

 

“Assolutamente, con grande gioia. Sono Figlio d’arte e quindi a casa si è sempre respirata aria di musica.  I miei genitori mi raccontano che sono stato io ad avvicinarmi alla chitarra che mio padre suonava con tale grazia che era impossibile non farlo, ma ahimè ero fisicamente troppo minuto per sostenerla sulle gambe e cosi ci riprovammo l’anno dopo. All’eta’ di 4 anni quindi iniziai ufficialmente le lezioni di chitarra e i primi rudimenti di teoria musicale. Non ho memorie lucidissime di quei tempi, ma mi raccontano non senza qualche risata, che imparai prima a riconoscere le note sul pentagramma e poi a leggere l’alfabeto. Ricordo che c’erano pochissime distrazioni nei primi anni del 2000 e non ero particolarmente attratto dalla tv, la mia ossessione erano i metodi dell’800 e l’ascolto di Johann Sebastian Bach. Inoltre un gioco molto simpatico che ideai con mio fratello Guido, ora medico di professione ma abile pianista, prevedeva la memorizzazione del catalogo delle opere di Bach e cercare di indovinare gli incipit delle tracks dei cd che mio padre aveva, sullo stile del gioco Sarabanda”.

 

E’  stato il più giovane diplomato in chitarra, a 14 anni è un risultato impensabile.

Un insieme di circostanze come grande talento e ottimi maestri hanno consentito ciò. Ci racconta?

 

 

Si, stando alla consultazione degli archivi di tutti i conservatori questo è ciò che è emerso, in seguito al quale mi è stato conferito il premio Walter Cococcia, quale più giovane diplomato del 2010 con il massimo dei voti. Cosa molto curiosa fu che per puro caso incontrai i vincitori degli anni precedenti, Andrea Obisio e Masha Diatchenko entrambi violinisti fenomenali, al conservatorio di Maastricht dove poi decisi di proseguire i miei studi una volta ottenuta la maturità classica.

Esattamente! un insieme di circostanze ed aggiungerei colpi di fortuna che hanno fatto si che nascessi in una famiglia attenta, stimolante, dai nobili valori e che compresero subito quali fossero le mie inclinazioni artistiche. La sorte, tra l’altro, ha voluto che nel primo decennio del 2000 fosse il Maestro Sandro Torlontano, ora direttore del Conservatorio di Trieste, ad insegnare al Conservatorio di Foggia, e godendo di una grande fama come concertista e didatta, non ci fu alcun dubbio sul affidarmi completamente a lui. Ebbene entrai nella sua classe nel 2004 e iniziammo a studiare con tanto rigore tutto il necessario per costruire una tecnica salda (Carcassi, Legnani, Sor, Giuliani, Paganini, Tarrega, Pujol, Villa-Lobos) e conoscere il repertorio fondamentale del 900 (Ponce, Castelnuovo, Torroba, Turina, Rodrigo, Walton, Brouwer), e ovviamente suites di Bach. Il percorso con il Maestro Torlontano fu un tour de force di nozioni, sviluppo della cantabilità, analisi formale e armonica dei brani e uno studio attento sulle possibilità timbriche e dei piani sonori sulla chitarra. Nel 2009 però il Maestro ottenne il trasferimento e questa è un po’ la motivazione per cui decidemmo di diplomarci prima del previsto: sebbene avessi desiderato continuare a studiare con lui per altri anni pensammo che fosse più opportuno concludere il percorso con il conseguimento del titolo. Il rapporto con Torlontano è un legame forte e si è sempre tenuto vivo nel corso degli anni.

 

 

 

Suo padre è un docente di chitarra presso le scuole medie ad indirizzo musicale. Quanto ha contribuito alla scelta dello strumento da studiare?

 

 

“Come ho detto poc’anzi, ho espresso già in tenera età il desiderio di avvicinarmi alla chitarra, affascinato dal suono caldo, intimo dello strumento, ma sicuramente dalle capacità armonico-polifoniche. Senza dubbio, però, la scelta dello strumento è stata favorita dalla presenza di mio padre che la suonava tutti i giorni. Mi è sembrato ovvio e naturale avvicinarmi cosi. Prendere lezioni quotidiane da mio padre fu di vitale importanza, perché sappiamo tutti quali sono le difficoltà della chitarra e gli errori che si commettono più spesso: in tal modo, avevo la possibilità di correggere difetti ogni giorno piuttosto che aspettare una settimana per essere corretto dal maestro come succede nella maggior parte dei casi. Mio padre tra l’altro ha sempre seguito il mio percorso, e mi aiutava nelle sessioni di studio quantunque ce ne fosse bisogno, senza intromettersi attivamente. In altri termini “Sorvegliava a distanza”.

Mio fratello invece scelse il pianoforte e attraverso lui , ho avuto modo di conoscere il repertorio pianistico ma non mi ci sono mai avvicinato attivamente.

 

 

Verso quale tipo di repertorio si sente particolarmente attratto?

 

“Premettendo che ogni periodo storico ha un linguaggio affascinante e merita di essere analizzato a fondo,  mi sento di prediligere il periodo classico, per la simmetria della forma , la grande tensione che è generata dalla contrapposizione dei poli tonali (Tonica – Dominante) e dalle innumerevoli varianti di articolazione che una serie di note può assumere, determinando pertanto il carattere del brano. Mi riferisco ai 3 grandi geni del classicismo viennese (Haydn, Mozart, e il primo Beethoven). La chitarra in questo periodo non ha ancora sviluppato appieno la propria personalità , e grazie alle capacità timbriche si limita a emulare i modelli orchestrali e pianistici come testimoniano le composizioni di Giuliani e Sor. Dunque questo è il repertorio che mi affascina di più. Adoro l’opera e in particolare il belcanto di Rossini, Donizzetti e Bellini e mi piace interpretare le trascrizioni di arie d’opera fatte da compositori come Giuliani, Carcassi, Legnani, Sor ecc.”

 

 

La sua formazione si è svolta anche all’estero, ha trovato differenze rispetto ai percorsi di formazione nei Conservatori Italiani?

 

“Assolutamente, vi sono differenze sostanziali. La critica al nuovo ordinamento è ben nota, soprattuto perché gli allievi non riescono a dedicare abbastanza tempo allo studio dello strumento come succedeva una volta e non mi sento di spendere parole che sono state già dette. Vorrei semplicemente sottolineare alcuni aspetti interessanti del modello Americano, dato che conosco quell’ ambiente universitario. Assolutamente d’accordo con il porre l’accento su corsi quali analisi, storia, armonia perché ritengo che siano la base per sviluppare la musicalità, ma imporre una serie di materie obbligate per tutti non credo sia efficace: ogni allievo è diverso e sviluppa inclinazioni differenti e dovrebbero essere questi stessi allievi a scegliere i corsi da seguire in base alle proprie inclinazioni. Ad esempio, decisi di frequentare un corso sulla storia dell’opera lirica e ho trovato la mia dimensione eseguendo spesso trascrizioni di arie d’opera nei miei concerti”.

 

Ha vinto diversi concorsi di chitarra classica, crede che ciò sia sempre fondamentale per lo sviluppo di una

carriera concertistica?

 

“Credo che nessuno possa fornire la ricetta perfetta per arrivare a sviluppare una carriera concertistica, e ci sono tanti esempi di chitarristi che vi si sono riusciti nei modi più svariati. Sono certo di una cosa però, che i concorsi d’interpretazione siano una maniera, sicuramente grazie alle tecnologie , una vetrina importante per essere notato. Ancor più importanti, invece, per fare esperienza sul campo, “Per farsi le ossa”, in situazioni difficili che vedono il chitarrista ad essere giudicato in termini di numero o preferenza, cosa che mette sicuramente molto stress”.

 

Che strumenti utilizza per i suoi concerti? Preferisce l’abete o il cedro?

 

“Attualmente sto portando in concerto un nuovo modello ideato dal eccellente e giovanissimo liutaio tedesco Dennis Tolz in cedro, double top, ma dotato di una gamma timbrica abbastanza ampia: del resto questa è stata la caratteristica che mi ha spinto a utilizzarla sempre più spesso , insieme a un equilibrio delle voci non indifferente.

Credo che il chitarrista è sempre alla ricerca di un suono ideale che probabilmente non troverà mai, ma ci proviamo. Con il passare degli anni, posso dire di essere più attratto verso strumenti dotati di più varietà timbrica piuttosto che di volume. Penso che il mio prossimo strumento sarà in abete”.

 

Oltre all’attività concertistica è anche docente di Conservatorio, che metodologia adotta per i suoi alunni?

 

“Come si è inteso prima, attribuisco molta importanza allo studio della forma, dell’armonia e della prassi esecutiva dei diversi stili, perché sono strumenti imprescindibili per la codificazione del testo musicale. Tutti questi elementi costituiscono delle varie e proprie ancore di salvezza nel momento in cui la memoria muscolare e/o visiva fallisce durante una performance. Ho constatato ciò sulla mia pelle. Per quanto riguarda il consolidamento della tecnica, avendo avuto una formazione molto classica, adopero i metodi dei maestri dell’800, ma con il tempo ho imparato a conoscere i quattro libri della escuela razonada di Pujol, forse uno dei compendi più vasti della tecnica chitarristica. Ritengo che non esista la metodologia perfetta perché ogni allievo ha esigenze diverse”.

 

Quali sono i suoi prossimi progetti musicali?

 

“Ho intenzione di registrare le 6 Rossiniane di Mauro Giuliani per lasciare la mia impronta su un genere a me molto caro: L’opera. Le Rossiniane sono un corpus di 6 potpourrì incentrati su alcuni dei temi più famosi di Rossini trascritti per chitarra. Non si tratta di semplici trasposizioni dalla scrittura operistica a quella della chitarra, ma vi è una architettura formale alle spalle ben più complessa. Ed è proprio questo il modus operandi che mi intriga molto: i temi sono variati secondo il modello della tecnica vocale belcantistica e connessi tra di loro da ponti modulanti basati sulla tecnica del crescendo orchestrale, quel elemento musicale tipico dell’arte di Rossini, famosa ancora oggi in tutto il mondo. Il mio intento è quindi quello di farmi portavoce delle idee di Giuliani e diffonderle ai posteri. A breve inizierò il mio quinto anno di docenza nel mondo AFAM e da subito mi sono accorto della esigenza che hanno gli allievi nel esibirsi in pubblico. Siamo artisti, abbiamo la necessità di trasmettere le nostre emozioni attraverso la nobile arte che è la musica. Sono davvero pochissimi quei conservatori che danno spazio agli allievi di esibirsi in quelle classiche maratone che sono i saggi di classe a fine anno. Questo non basta. Desidero un giorno poter dare la possibilità a tutti i miei allievi di eseguire almeno 10 minuti a testa una volta a settimana nelle esercitazioni di classe, con frequenza obbligatoria anche per coloro che decidono di non esibirsi quel determinato giorno. Soltanto in questo modo si potrà combattere la paura da palcoscenico che affligge tutti gli studenti.

 

 

Biografia

Andrea Roberto, nato a Foggia il 26 ottobre 1995, inizia lo studio della chitarra all’età di 4 anni con il

padre. Nel 2004 viene ammesso al conservatorio “U. Giordano” nella classe del M° Sandro Torlontano, con

il quale inizia un particolare percorso didattico che lo porta ad ottenere, all’età di 14 anni, il diploma con

lode e menzione. In seguito decide di seguire il M° Aniello Desiderio sia a Napoli che all’Accademia

Internazionale di Koblenz in Germania. Infine completa gli studi al Conservatorio di Maastricht (Paesi

Bassi) con il maestro Carlo Marchione.

Il suo percorso artistico comprende numerosi premi e riconoscimenti (tra i quali “Strata International

Competition 2013, Jose Tomas International Competition 2016, Eurostring Artist 2018…) che lo hanno

portato ad esibirsi in tutto il mondo: Stati Uniti, America Latina, Giappone e diversi paesi Europei.

All’età di 15 anni debutta con l’orchestra del Mediterraneo a Foggia eseguendo il Concerto de Aranjuez.

Nel 2017 registra il suo debutto discografico, “El Viaje de la guitarra italiana” con l’ etichetta spagnola JSG

Guitar Records, ricevendo favorevoli consensi dalla critica. David Russell ha osservato: “L’attraente

fraseggio melodico di Andrea abbinato ad un livello impressionante di difficoltà tecnica, gli ha fatto

guadagnare un posto di rilievo nella scena internazionale della chitarra classica”

Ha partecipato a trasmissioni radiofoniche quali Radio Vaticana, radio hoy por hoy di Albacete (Spagna) e

radio Cuernavaca (Messico).

Nel 2019 trionfa al prestigioso Parkening International Guitar Competition tenutosi presso la Pepperdine

University Malibu- California conquistando la medaglia d’oro, il Premio Jack Marshall nonché

l’apprezzamento di Parkening che ha proclamato: “Il talento musicale di Andrea, il suo carattere eccellente

e l’etica del lavoro serviranno da ispirazione ai chitarristi classici attuali e futuri”. Da allora e’ stato invitato

come assistente del professor Thomas Patterson presso l’Università dell’Arizona a Tucson e la sua carriera

artistica negli Stati Uniti è gestita dall’agenzia musicale ACM360.

Nel Dicembre 2023 presso la prestigiosa sala Musashino Shimin Bunka Kaikan di Tokyo Andrea è passato

alla storia come il primo chitarrista ad aver eseguito le 6 Rossiniane di Mauro Giuliani in un Concerto

Maratona.

Attualmente e’ docente di chitarra classica presso il Conservatorio “Niccolò Piccinni” di Bari (Italia)

 

Sergio Assad ha detto…

“Quando ho scoperto la straordinaria musicalità di Andrea ho capito che stavo assistendo alla nascita di un

artista davvero eccezionale”.