Tornano ad aprirsi i cancelli del Mausoleo Schilizzi, ma è solo in occasione della Festa della Liberazione. Ormai chiuso ed inaccessibile da anni  ai turisti e ai napoletani stessi,  in concomitanza del 25 aprile – ricorrenza con la quale si celebra la Liberazione d’Italia dal nazifascismo – il Sindaco Manfredi ed altre autorità hanno deposto corone per onorare i caduti della Patria.

Infatti, il mausoleo, oltre ad essere una delle più fulgidi ed imponenti costruzioni in stile neoegizio in Europa, conserva le spoglie mortali dei caduti della Grande Guerra e delle Quattro Giornate di Napoli. Purtroppo, l’arrugginito cancello viene aperto, per un paio di ore, solo in occasione di giornate commemorative ed una parte della struttura, l’ipogeo, non è visitabile nemmeno in quelle occasioni in quanto “inagibile”.

Edificato nel cuore di Posillipo tra il 1881 ed il 1889 su commissione di Matteo Schilizzi,  il monumento funebre in stile egizio fu costruito dall’architetto Alfonso Guerra per accogliere le spoglie mortali della famiglia del banchiere livornese che intendeva dare degna sepoltura ai suoi antenati di origine ebrea sefardita e cipriota. La scelta stilistica di natura egizia, fu suggerita dal desiderio di creare una costruzione commemorativa funebre capace di competere con le più imponenti tombe dei faraoni. Nel 1877, alla morte del fratello Marco, scomparso a venti anni, un episodio diede avvio all’ossessione di Matteo Schilizzi per la morte. La profanazione della tomba di famiglia del fratello, la bara lasciata aperta dai ladri in cerca di gioielli,  fu un tale trauma per il banchiere da portarlo a studiare testi sull’esoterismo, sulle arti oscure e sull’alchimia. Grazie al  suo ingente patrimonio, Schilizzi  poté  permettersi di acquistare “il suolo più bello di tutto il Mediterraneo”: un vasto appezzamento di terra sul promontorio di Posillipo.

Schilizzi, che viveva in dimora-museo a Mergellina, negli ultimi anni di vita alternava  momenti di depressione a sconsiderata felicità, finendo così per perdere interesse per la straordinaria opera che, nel progetto originale avrebbe dovuto accogliere un enorme sarcofago nero che in grado di ospitare il corpo del fratello morto. Quindi, nel 1889, il cantiere si fermò. I lavori di realizzazione del mausoleo furono ripresi ed ultimati da Camillo – figlio dell’ingegner Guerra – grazie all’interessamento della contessa Martinelli.

Scapolo e senza eredi, alla morte del banchiere avvenuta nel 1905, il mausoleo rimase abbandonato. Un comitato di cittadini si adoperò per convincere il Comune a prendersi carico del monumento. In quella occasione non fu possibile gestire la situazione e si dovette attendere gli oltre duemila napoletani morti nella prima Guerra Mondiale per convertire il mausoleo in Ara della Patria.

Correva l’anno 1930 quando avvenne l’inaugurazione alla presenza di Benito Mussolini e Vittorio Emanuele III. Oggi il Mausoleo accoglie anche i resti dei militari morti nel corso della Seconda Guerra Mondiale e nelle Quattro giornate di Napoli. A nulla serve la bellezza dei “guerrieri della luce”  posti a guardia della porta d’ingresso per rendere nuovamente fruibile l’opera. Utilizzati ai tempi dei faraoni per traghettare il morto verso la resurrezione, i due guardiani che fanno bella mostra di sé  al termine dell’imponente scalinata, costituiscono un vero e proprio capolavoro manufatturiero delle fonderie Chiaruzzi. Una incisione posta sulla base ai lati dei giganteschi piedi riporta data e nome dell’autore che eseguì le statue in bronzo.

Oramai l’Ara della Patria viene aperto al pubblico solo in particolari date, come il 25 aprile e 2 novembre, privando cittadini e turisti di un capolavoro senza pari dell’arte neoegizia.

La struttura mostra già dall’esterno tutti i segni del degrado e dell’abbandono. Anche all’interno infiltrazioni d’acqua sul soffitto finemente adornato, depongono male sulla cura che viene dedicata alla conservazione di questo sito.

 Numerose le petizioni e le pubblicazioni fatte nei decenni per sensibilizzare le istituzioni ad impegnarsi nel rispristino della struttura con conseguente riapertura. Tanti i napoletani, i figli e nipoti dei caduti in guerra e gli appassionati di Storia Patria che caldeggiano un intervento di restauro attraverso accorati appelli.

La richiesta è che l’altare ai caduti sia adorna di corone e onorificenze non solo due volte l’anno ma che venga restituita alla città, alla memoria di chi è caduto per la Patria e di chi, semplicemente, vuole visitare un sito di straordinario interesse storico artistico.