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Mertens, l’esplosione di chi sa attendere

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20131028-130922.jpgl Quando una squadra è forte, o almeno vuole proporsi come tale in un campionato che presenta un sempre maggior livellamento sia in alto che in basso, allora deve mostrare personaggi nuovi, anche per affermare una rosa valida anche nelle cosiddette seconde linee. Benitez, per esempio, ora che sta per completarsi il primo quarto di stagione ha aperto il baule e ha tirato fuori quello che era stato il primo acquisto della sua gestione, cioè il folletto belga Dries Mertens. Si era capito che il ragazzo era forte, qualche incursione negli spezzoni di partita finora concessigli l’avevano detto univocamente: ma in questi due matches in cui è stato inserito negli undici titolari, il ragazzo ha urlato a gran voce il suo pieno diritto di prendersi la maglia e di dire la sua ai massimi livelli. La linea a tre dietro il Pipita, peraltro, aveva da lungo tempo dimostrato di essere il reparto più completo; al fianco di Pandev, Hamsik e Insigne, ereditati con gioia dalla compagine mazzarriana, il tecnico spagnolo ha voluto e ottenuto l’ottimo Callejon, forse la migliore notizia azzurra di questo inizio di stagione, e appunto Mertens che finora era stato tenuto in naftalina non per demerito, ma per consentirgli un adeguato ambientamento. E proprio questo, ormai è chiaro, l’apporto più importante del top trainer, la scelta più illuminata di De Laurentiis e Bigon: il saper attendere, il saper gestire, il non avere fretta. Chissà cosa sarebbe successo a Ruiz, Datolo, Vargas se avessero potuto godere dell’intelligenza e della sensibilità tecnica di Rafa, perfetto nel portare in campo i calciatori solo nel momento in cui possono dare il meglio. Per il tifoso questa è una notizia davvero importante: si può aver piena fiducia nell’attenzione e nell’obiettività con cui vengono fatte le scelte di formazione. Vedere Mertens produrre una quantità industriale di assist, scambi, scatti, conquistarsi un rigore che apre la partita e mettere il portiere avversario più volte in difficoltà potrebbe indurre a chiedersi per quale motivo il ragazzo non abbia trovato prima il palcoscenico. Bé, la risposta è che prima non avrebbe avuto lo stesso impatto. Ora conosce i compagni ed è conosciuto da loro, si intende con uno sguardo con Hamsik, Insigne, Higuain, ha fiducia in se stesso e si vede. Merito suo, e merito di Benitez. Com’è merito di Benitez aumentare un po’ alla volta il minutaggio del centravanti franco argentino, per ridargli la confidenza col terreno e col bicipite. Com’è merito di Benitez introdurre pian piano Zapata negli schemi, abituare Callejon e Insigne ad altre zone del campo, concedere fiato e calma all’insostituibile Behrami, far crescere di partita in partita Fernandez. Il tutto, senza perdere di vista le concorrenti dirette. La squadra azzurra diventa sempre più squadra, amministra le forzate assenze (Britos, Zuniga) senza grandi contraccolpi, assume consapevolezza e forza di partita in partita. La boutade delle percentuali, che crescono di pochissimo a ogni intervista, è forse meno scherzosa di quanto sia lecito pensare, perché effettivamente il tifoso si sente più sicuro ogni settimana. Una buccia di banana come il Sassuolo sarebbe oggi, forse, più difficile a verificarsi. C’è negli occhi dei calciatori quella determinazione, quella rabbia e quella fame che si vede nelle compagini vincenti. Certo, la rosa è tutt’altro che completa e alcuni componenti non sono all’altezza del livello massimo in cui si vuole essere nelle competizioni in corso, cosa alla quale si può (e speriamo si voglia) mettere riparo a gennaio; ma alle porte di qualche scontro diretto, importante anche se non decisivo, primo tra i quali quello del Franchi di mercoledì, si può star certi che il Napoli se la giocherà, da pari a pari, con chiunque. Proprio con chiunque. di Maurizio De Giovanni
Fonte: Ilmattino