di Eliana Del Prete

Vide si cocio” è l’adattamento del testo “Il malato immaginario” ad opera del regista Antonio Grassi e dell’Associazione teatrale La Scoppola. L’opera in due atti, andata in scena il 24 e 25 aprile presso il Teatro dell’Immacolata, riporta al pubblico la pièce di Molière con toni nuovi e rielaborati, superando le realtà complesse del suo creatore, a vantaggio di una commedia sicuramente più snella, ma altrettanto attraente agli occhi dei fruitori.
Argante, interpretato magistralmente
da p. Mario Folliero, rappresenta lo stereotipo dell’uomo oppresso dalle più svariate patologie esistenziali. Patologie, queste, “sopportate”dalla seconda moglie, Bellina, al secolo Maria Capone, nell’attesa di poter ereditare ogni ricchezza, anche a danno delle figlie: Mariella e Luisella, rispettivamente Mariarca Battimiello e Rita De Stefano.
Le scene gravitano attorno al mondo dei medici; personaggi resi talvolta buffi e ridicoli. Ricordiamo il dott Benessere, nei cui panni troviamo un ottimo Antonio Cicatiello, l’assistente Leopoldo (Salvatore Della Corte) dott Diuretico e suo figlio Tommaso – interpretati da Pietro Maisto e Domenico Volpicelli- ed ancora Ciccilluzzo il finto medico, Alessandro Saggiomo e la maga Celeste interpretata da Tiziana Ippolito.
Determinante la figura della domestica, Antonietta (Amalia Marano) donna fedele ed affezionata che troverà la cura “placebo”-assieme alla baronessa Fernanda (Mena Manna) a tutti i mali del Barone Argante.
E come poteva mancare – tra malanni e eredità – la figura del notaio Bonafede e del suo collaboratore, rispettivamente Ciro di Domenico e Domenico Terracciano.
I personaggi, dal forte carattere,bastano a riempire ogni vuoto reale o immaginario, emergendo dal buio, come le opere di Caravaggio. La scelta di una scenografia “nuda” ne è la prova. Finanche il distratto giardiniere Alfonso ( Domenico di Marino) trova la forza simbolica di squarciare il nero delle quinte e di riempirlo con i colori della sua semplicità di spirito.
L’epilogo è quello che lo spettatore attende: il lieto fine. Clemente (Giuseppe Pellecchia) innamorato di Mariella, riesce a farsi accettare dall’ipocondriaco Argante e la tela cala di fronte all’evoluzione della malattia immaginaria del protagonista principale.