di Gloria Ajello

Ľ arte è gioia, allegria, sogno, leggerezza, ma anche sofferenza e disagio:è quanto emerge dalla mostra dedicata ad Antonio Ligabue esposta nella cappella Palatina del Maschio Angioino inaugurata ľ 11 ottobre.
Ligabue nacque a Zurigo nel 1899 e morì nel 1965 . Le sue opere vengono classificate come naïf, ossia fuori dagli schemi accademici e privo di legame con la realtà culturale: osservando meglio i suoi dipinti (quasi tutti provenienti da collezioni private) salta all’occhio tutta la sofferenza patita nel suo vivere ed il legame che instaura con la sua di realtà, purtroppo distorta dalle sfortune subite.
Nascere come figlio di padre ignoto, andare in affidamento ad una famiglia svizzera, cambiare più di un istituto scolastico ,(una volta non esistevano gli insegnanti di sostegno) ricoverato più volte in ospedali psichiatrici ed anche incarcerato durante la 2° guerra mondiale, sebbene facesse da interprete per le truppe italiane, ha condizionato al massimo le sue opere che traducano aggressività, paura ma anche tanta meraviglia: gli occhi sono sempre sgranati soprattutto nei ritratti di animali (Leopardi ed aquila i suoi preferiti).
Nella mostra viene proiettato un filmato della teca Rai realizzato per la trasmissione Odeon del 1977 intitolato”Ľ ultimo vero naïf” che inquadra il pittore in vesti femminili non per chissà quali tendenze ma perché”mi fa compagnia”(cit. filmato Rai); nel contempo di assiste alla realizzazione del bozzetto di uno dei suoi autoritratti ed alla paura stessa dell’autore di vedersi illustrato su tela.
Emblematico il quarto della Crocifissione che vede la figura del Cristo essere ľ unica inchiodata: nel bozzetto a matita e nel quadro ad olio i due ladroni sono semplicemente appoggiati coi gomiti o legati con delle corde alle assi della Croce ma non inchiodati come Gesù: forse un’allegoria di tutte le sofferenze patite da Ligabue, sia fisiche che psichiche.
Nel 1977 a 13 anni dalla morte la sua figura viene resa ancor più nota al grande pubblico dagli sceneggiato che porta il suo nome, interpretato dal grandissimo Flavio Bucci.
La mostra termina il 28 gennaio 2018.