20130912-211940.jpg Quarant’anni domani. Fabio Cannavaro, il muro di Berlino, monumento del calcio italiano, li festeggia a Dubai con papà Pasquale e mamma Gelsomina, sua moglie Daniela e i figli Christian, Martina e Andrea, e qualche amico. «Non mi posso lamentare. Cominciai con le partitine per strada e ho coronato il mio sogno di giocare al calcio ad alti livelli. Ringrazio la mia famiglia per avermi trasmesso valori importanti, ho avuto la fortuna di iniziare nelle giovanili azzurre e di arrivare in prima squadra nel Napoli; di conoscere il più forte giocatore di tutti i tempi, Maradona; di vincere tanto in carriera, un Mondiale, il Pallone d’Oro e il premio come migliore giocatore del mondo. E mi sono tolto la soddisfazione di sconfiggere tanti luoghi comuni». Quali ad esempio? «Il primo è quello che non potevo fare il difensore per via della statura e invece sono arrivato molto giovane in Nazionale. E pensare che il Milan mi scartò perchè un dirigente mi considerava troppo basso. Ma nel calcio se ne dicono tante, ognuno la vede in un modo. Sacchi, ad esempio, disse che non avrei mai potuto giocare a zona in difesa ma solo a uomo. E Ancelotti mi vedeva terzino destro». E ora la seconda vita, Cannavaro allenatore: come sta andando alla guida dell’Al Ahli? «Mi è stato chiesto di affiancare il tecnico rumeno Olaroiu e lo sto facendo con grandissimo entusiasmo. Un’esperienza molto stimolante, cercherò in questa stagione di apprendere quante più cose possibili per poter poi cominciare l’anno prossimo l’avventura da solo su qualche panchina». Magari in Italia, come il suo amico Rino Gattuso? «Perchè no? In Italia sarebbe bellissimo. Rino l’ho sentito: provò già quest’esperienza in Svizzera, a Palermo è diverso, c’è un presidente vulcanico come Zamparini. Sicuramente Gattuso ha le caratteristiche giuste per fare bene». Le emozioni da calciatore, per lei che è arrivato a una finale mondiale, e ora quelle da allenatore: ci spiega le differenze? «Sono due situazioni completamente diverse. Da calciatore devi pensare solo a gestire al meglio te stesso, dall’alimentazione, alla cura dei particolari durante gli allenamenti per portare al massimo la tua performance personale e contribuire così ai successi della squadra. L’allenatore invece deve pensare a tanti aspetti, dagli allenamenti alla gestione del dopo-partita. E ovviamente c’è tanto da studiare a livello tattico. Porterò con me le esperienze che ho avuto con tantissimi grandi allenatori, a cominciare da Lippi». Allenatori, il Napoli ha puntato su Benitez: che ne pensa? «Benitez ha dato sicuramente quel pizzico d’internazionalità in più al Napoli dopo gli anni di Mazzarri che in 3-4 anni ha raggiunto risultati straordinari sulla panchina azzurra. Il tecnico spagnolo ha grandi conoscenze, tanta esperienza e la squadra è partita molto bene vincendo le prime due partite. Ma è troppo presto per emettere giudizi». La Champions League è alle porte: mercoledì al San Paolo c’è il Borussia Dortmund. «Un grande appuntamento, il San Paolo regalerà emozioni uniche, come sempre. Il Borussia Dortmund è molto forte, gioca un bel calcio, sarà un avversario duro. Il girone è difficile, il Napoli non parte favorito ma deve scendere in campo sempre con la convinzione di poter dare fastidio a tutte». E in campionato? «In campionato il discorso è diverso, La Juve parte sempre davanti a tutte perchè ha vinto negli ultimi due anni e ha un grande progetto per il presente e il futuro. Ma subito dopo c’è il Napoli che potrà lottare per lo scudetto. E nella corsa ci metto anche Milan, Fiorentina e Roma senza tralasciare l’Inter che avrà il grande vantaggio di non giocare le coppe europee». Il turnover per affrontare al meglio le due competizioni: Benitez si baserà molto su questo aspetto. «Al turnover credo fino a un certo punto. Secondo me ci sono quei sei-sette giocatori fondamentali che giocano sempre e quattro-cinque che invece si possono alternare tra le due competizioni». Giocatori insostituibili: ad esempio Hamsik e Higuain? «Hamsik è un giocatore fortissimo e il mio giudizio non è condizionato dal fatto che è partito con quattro gol ed è il capocannoniere ma per il contributo che dà alla squadra. Con Higuain ho giocato tre anni nel Real Madrid, arrivò che era un ragazzino e subito mi colpì per le sue qualità. Non sembra veloce e non sembra elegante, invece è velocissimo nei movimenti e soprattutto è efficacissimo, un attaccante straordinario anche se totalmente diverso rispetto a Cavani». Parliamo di Paolo, suo fratello, il capitano, che fin qui non ha trovato spazio nel Napoli. «Una scelta tecnica, ma lasciamo stare la difesa a tre e la difesa a quattro. Un calciatore forte gioca in qualsiasi sistema. Paolo deve stare concentrato e lottare per conquistare la maglia come ha sempre fatto, nel Napoli giocava sempre per meriti e non perchè c’era Mazzarri. Poi è chiaro che, se da qui a gennaio le cose non dovessero cambiare, dovrebbe cominciare a guardarsi intorno perchè a 32 anni puoi dare ancora tanto e io ne so qualcosa. Per quanto riguarda il contratto lo firmò con il Napoli in un’epoca diversa e accettò una clausola sulle presenze pur di giocare nella squadra della sua città, in questi anni però la filosofia del club è cambiata i contratti sono totalmente diversi e credo sia giusto che venga ridiscusso quello di Paolo per quello che ha dato in maglia azzurra». Il Napoli segna tanti gol ma la difesa ne subisce troppi? «Quando si subiscono i gol la colpa non è dei difensori ma della fase difensiva che non funziona al meglio. La Juve ad esempio non prende gol perchè tutti, dagli attaccanti ai centrocampisti, svolgono al meglio la fase difensiva». Buffon l’ha raggiunta a 136 presenze, recordman in maglia azzurra? «Gli ho telefonato e mi sono complimentato con lui. Ero sicuro che sarebbe accaduto, per un portiere è più semplice. Gigi sta molto bene e secondo me potrà andare molto oltre il Mondiale». Già il Mondiale, come vede l’Italia in Brasile? «Subito dopo Brasile e Spagna e sulla stessa linea di Germania e Olanda. Dovrà partire per centrare un obiettivo importante. Però anche per l’Italia vale il discorso dei gol subìti, troppi nelle ultime partite. A tutti i livelli vince sempre chi prende meno gol e non solo chi segna tanto». Di Roberto Ventre
Fonte:Ilmattino